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La mente lontana ti spinge là fuori, ti scaglia dentro un vicolo cieco, un ragno ti tesse la tua prima tela, la mano è ferita dalla stessa tela, la tela di ragno diventa pittura, pittura di un giorno che vedi lontano, il pennello scorre non puoi controllarlo, il rosso si espande, combatte col verde, si mangia il giallo che ti esce dagli occhi, il cielo che cade, la terra che sale, il tempo che è fermo dipinger non puoi, sulla tua tela emerge quel volto che prima un marrano ti ha sputato sui piedi, la faccia ti guarda, tu guardi la faccia, la luce si espande, guardare non puoi, un gatto ti assale, ti graffia la mente, poi scappa sul tetto e si alzo un bel vento, ti senti svenire, cominci a tremare: l’airone che vola ti vuole parlare, parlare dell’oro che non puoi mangiare perché hai già nello stomaco, ma puoi urlare, urlare una gioia che suona felice, felice del giorno che stai trascorrendo, il rosso comincia ad essere forte, il verde corre verso il limite, l’arancio prepara la sua vittoria, nemico del grigio, del giallo, del viola, il volto adesso è ancor più preciso, in esso l’estate gioca a nascondino, il ragno ritorna e comincia a girare per tutto l’ambiente e dopo scompare, la mano afferra il pennello consunto, trascina la punta, fermarsi non può, mi ergo nel quadro, felice su un colle, non sono nient’altro che il ritratto di un folle Tratta da Sogno di un demiurgo dormiente, seconda parte de Il vento sussurra |